CASSANDRA

1904 DRAMMA MUSICALE IN UN PROLOGOE DUE ATTI DI LUIGI ILLICA E VITTORIO GNECCHI

Eseguita per la prima volta nel 1905 al Teatro Comunale di Bologna con la direzione di Arturo Toscanini, è l’opera che maggiormente ha condizionato la fortuna artistica di Vittorio Gnecchi.

La nuova vita di Cassandra Nel nuovo millennio la prima opera di Gnecchi è stata portata in scena in diversi paesi del mondo: il 13 Luglio 2000 a Montpellier ha inaugurato il 16° Festival de Radio France et Montpellier in forma di concerto diretto da Enrique Diemecke; nel 2007 ha aperto la stagione alla Deutsche Oper di Berlino, assieme all’Elektra di Strauss, in forma scenica diretta da Leopold Hager, con repliche nei quattro anni successivi; nel 2011, sempre in forma scenica, ha inaugurato la stagione operistica al Teatro Massimo Bellini di Catania, diretta da Donato Renzetti; nel 2016 è stata data in forma di concerto a New York dal Teatro Grattacielo at the Gerald W. Lynch Theater.

CAPITOLO 1

Alle origini di un caso scomodo

«Sulla qualità artistica della musica di Gnecchi si aprì al principio del secolo un’indagine, un’inchiesta inquisitoria, con le consuete due fazioni di colpevolisti e innocentisti, poiché si giunse, nel fuoco della polemica allora rovente, a rovesciare i ruoli del colpevole e della vittima, e poi capovolgerli di nuovo, finché qualcuno non dichiarò, con tardivo buon senso, che il crimine era presunto e addirittura inesistente, e che entrambi gli inquisiti andavano assolti senza aver commesso il fatto. Senza dubbio, tanto rumore about nothing fu sollevato soprattutto da una circostanza; uno dei supposti colpevoli era un musicista di eccelsa statura e d’immensa fama internazionale tale da schiacciare il nome dell’altro, malgrado il suo fine talento».

La citazione è tratta da uno scritto apparso nel 1990 sulle pagine della “Rivista illustrata del Museo Teatrale alla Scala” a firma del musicologo Quirino Principe. Si tratta del primo intervento, in tempi moderni, a tirare le fila di una storia di presunto plagio con protagonisti due nomi: Vittorio Gnecchi e Richard Strauss; oggetto della contesa, la somiglianza di due opere: Cassandra (1904) ed Elektra. Una storia che sembra nascondere ingiustificati preconcetti sulla figura di Gnecchi compositore, nati fin dai tempi della rappresentazione nella villa di famiglia a Verderio dell’azione pastorale Virtù d’amore. La cui trama appare peraltro non priva di analogie con la straussiana Ariadne auf Naxos del 1911.

Eppure in quell’occasione, il 7 ottobre 1896, l’appena diciannovenne Gnecchi conosce i primi allori del successo, nonché l’apprezzamento dei maggiori critici musicali invitati per l’occasione: G. B. Nappi della “Perseveranza”, G. Antona Traversi di “Vita italiana”, e perfino due firme dei londinesi “The Musical Courier” e “The Gentlewoman”.

Quel giorno è presente anche Giulio Ricordi, che pubblica l’opera nell’edizione per canto e pianoforte e ne scrive sulla “Gazzetta musicale” con particolare consenso: «Vittorio Gnecchi, da non molto addentratosi negli studi severi dell’arte musicale, ha dato una splendida prova del suo ingegno; e se qua e là troviamo qualche esuberanza delle forme, qualche complicazione nelle idee […], è questo un bellissimo difetto, proprio della foga giovanile, conseguenza di ricchezza, non di povertà di idee. Ma principalissimo merito del giovane musicista è quello di poter francamente dire: “Signori, questa è tutta farina del mio sacco”».

CAPITOLO 2

La nascita e l’esordio dell’opera

Negli anni immediatamente seguenti alla rappresentazione di Virtù d’amore nasce l’idea di una nuova opera. Gnecchi ne scrive il soggetto, partendo dall’amata Orestea di Eschilo, e affida il libretto alle cure sapienti di Luigi Illica, non avaro di consigli e suggerimenti, forte della sua affermata esperienza teatrale. Nel 1903, dopo quasi due anni di lavoro, vede la luce Cassandra.

Appena ultimata, Gnecchi si affretta a farla sentire a Giulio Ricordi, che l’anno precedente, ascoltando in anteprima la scena iniziale e il finale, si è espresso con favore. Ma questa volta l’editore dimostra minor entusiasmo: «Caro Vittorio, tu capisci benissimo che questo tuo saggio di dilettante non potrà mai eseguirsi in un grande teatro. Tutt’al più puoi farlo rappresentare nel tuo teatrino di Verderio, invitando i tuoi amici».

Nel 1904, Gnecchi sottopone la partitura ad Arturo Toscanini, ottenendone un giudizio ben diverso, tanto da sentirsi promettere di tenere a battesimo il suo lavoro: «A patto – aggiunge il grande direttore – di lasciare a me la scelta del teatro».

Il 5 dicembre 1905, Toscanini dirige la prima rappresentazione di Cassandra al Teatro Comunale di Bologna, vantando interpreti d’eccezione: Elisa Bruno è Cassandra, Salomea Krusceniski (che l’anno seguente sarà la seconda Salomè italiana nell’opera omonima di Strauss e la prima alla Scala) è Clitemnestra, e ancora il tenore Giuseppe Borgatti e i baritoni Quercia e Federici.

 L’impresa manifesta durante le prove una serie di drammatiche falle organizzative, costringendo Toscanini a lavorare con musicisti impreparati e una messa in scena a dir poco approssimativa, ma la determinazione di autore e direttore ne salvano le sorti. L’esecuzione, infatti, è di alto livello e di buon successo, seppure contrastata da un clima di inutili polemiche.

 Gli avversari si dividono fra coloro che considerano Gnecchi un dilettante, e quelli che invece gli rimproverano l’ostentazione di una musica troppo “tedesca”, quindi pretenziosa, esibizionistica, censurando soprattutto il carattere esageratamente drammatico del Prologo, l’uso nella melodia e nell’armonia di antiche scale musicali elleniche (in particolare nell’ultima scena) e un ostinato stile severamente polifonico.

La replica degli estimatori, non certo di circostanza, rende serrata la discussione. Fra di essi si schiera proprio Giulio Ricordi, che ritorna sui suoi passi stampando finalmente Cassandra. Purtroppo, lo strascico delle polemiche tocca anche Toscanini, cui vengono riferite voci infondate e maldicenti che lo accusano di avere diretto l’opera di Gnecchi per mero tornaconto. Da quel momento, Toscanini non vuole più dirigere musiche di Gnecchi, e interrompe ogni rapporto per non esserne ulteriormente danneggiato.

CAPITOLO 3

La prima breve stagione di Cassandra

Al concerto bolognese fa seguito una rappresentazione a Ferrara, di modesta qualità, su cui la critica glissa sprezzantemente. Una crescente ostilità preclude per sempre a Cassandra, e a tutta la musica del compositore milanese, quasi ogni via d’accesso in Italia.

«La morte civile in patria divenne il destino di Vittorio Gnecchi», osserva drammaticamente Quirino Principe.

 Ma il peggio deve ancora venire, celato da un destino beffardo che illude l’autore con una serie di effimeri successi. L’opera, infatti, comincia una breve ma fortunata corsa per i teatri esteri. Il commento di Mario Nordio è eloquente: «Essa dice finalmente una parola nuova nella stagnante convenzionalità del teatro d’opera postwagneriano. Il nuovo orientamento, con l’uso predominante dei cori verso un’espressione che riproduca la voce multanime del popolo e di questo descriva schiettamente la trepidazione, il tripudio, il terrore, il delirio, è nato infatti con Cassandra, sì da far dire a più d’un critico autorevole che da quest’opera derivano nella loro espressione e nei loro sviluppi le altre opere corali moderne».

 Il 29 marzo 1911, Willem Mengelberg dirige Cassandra alla Volksoper di Vienna, con Theodora Drill-Oridge nel ruolo di Cassandra e Maria Jeritza (poi cantante prediletta da Richard Strauss) in quello di Clitemnestra.

L’autore, presente in sala, riscuote un grande successo personale, con una trentina di chiamate alla ribalta. Le testate straniere, al contrario di quelle italiane, danno ampio risalto all’avvenimento.

Parentesi italiana felice e inattesa si rivela anche la rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, il 16 novembre 1913, in un’esecuzione mediocre ma inaspettatamente accolta con grande favore da critica e pubblico.

L’eco del concerto arriva fino negli Stati Uniti, tanto che, il 26 febbraio 1914, Cassandra debutta al Teatro dell’Opera di Philadelphia, diretta da Cleofonte Campanini e con fra gli interpreti il grande soprano Rosa Raisa. Soddisfazione effimera, perché il destino dell’opera crolla sotto il peso delle maldicenze emerse cinque anni prima, quando era scoppiato il famigerato e intricato caso con Strauss: alcuni giornali americani arrivano a scrivere che Cassandra è tutta copiata da Elektra.

CAPITOLO 4

L’incontro con Strauss e le polemiche artificiose

Torniamo adesso al 1906 quando, il 22 dicembre, al Teatro Regio di Torino debutta in Italia Salomè diretta da Strauss.

Gnecchi, presente al concerto, avvicina il compositore tedesco offrendogli lo spartito per canto e pianoforte di Cassandra. Strauss accetta lusingato il dono, con la promessa di leggere attentamente lo spartito, che peraltro aveva già ricevuto un anno prima, come dimostra un suo ringraziamento scritto dell’agosto 1905.

Con questo gesto il compositore italiano tenta di richiamare rispettosamente l’attenzione del collega tedesco, ma all’incontro torinese non seguono riscontri.

Nel 1908, Ernst von Schuch, primo direttore dell’Opera di Dresda, manifesta l’intenzione di eseguire Cassandra durante la stagione successiva. Però in quello stesso teatro il 25 gennaio dell’anno seguente debutta Elektra di Richard Strauss, diretta proprio da von Schuch. E chiunque conosca Cassandra nota immediatamente le sorprendenti analogie tra le due opere, nella musica come nel libretto.

Pochi mesi dopo la prima di Elektra, il musicologo Giovanni Tebaldini pubblica sulle pagine della “Rivista Musicale Italiana” il saggio «Telepatia musicale», corredandolo con dieci tavole che confrontano una cinquantina di temi di Cassandra con altrettanti tratti da Elektra.

Si scatenano faziose e offensive polemiche, nonostante Tebaldini mai parli di plagio da parte di Strauss, sostenendo invece le ragioni di una comune e quasi “telepatica” ispirazione: «pel fatto della quasi identica visione materiale di un mondo eroico, lontano da noi, ma assai vivo nella nostra immaginazione; come per l’analogia spirituale che, attraverso la sensibilità psichica, provocata da sentimenti e da passioni intense, che nell’anima e nel cervello dei due autori hanno destato all’inizio formale dell’estrinsecazione musicale motivi d’espressione tanto rassomiglianti».

Da parte sua Strauss, irritato, dichiara di non aver mai letto lo spartito di Cassandra, né di avere mai udito una sola nota dell’opera di Gnecchi.

«Tra l’altro – sottolinea Quirino Principe – egli non aveva bisogno di difendersi, né doveva sentirsi offeso, poiché la grandezza di Elektra era fuori discussione, così come per noi, malgrado questo suo comportamento obliquo, è fuori discussione l’immagine integrale della sua grandezza d’artista».

Di fatto, molti amici di Strauss affilano le armi, come il critico Rudolf Hartmann, fra l’altro traduttore del libretto di Cassandra in tedesco, il quale si dichiara disposto a sostenere la causa in tribunale; o il già ricordato Ernst von Schuch, che giudica offensivo il saggio di Tebaldini. Addirittura, c’è chi tenta di ritorcere l’infondata accusa di plagio incriminando Gnecchi, trascurando la reale cronologia delle due opere.

Così, quando nel 1909, il duca Visconti di Modrone, presidente della commissione per la programmazione delle stagioni scaligere, propone Cassandra a Vittorio Mingardi, direttore artistico della Scala, questi, pur esprimendo in privato il proprio apprezzamento, ostacola l’iniziativa «pour ne pas déplaire à Strauss», come scrive allo stesso Visconti.

«Usando – nota sarcasticamente Quirino Principe – per la sciagurata motivazione il francese, forse per nobilitarne un po’ la viltà».

CAPITOLO 5

Originalità e somiglianze

Benché la tessitura tematica dell’opera di Gnecchi non si costituisca con la medesima forza strutturale delle opere wagneriane – cui innegabilmente il compositore italiano guardava –, la scrittura che sorregge Cassandra utilizza temi musicali quali rinvii emotivi e semantici, sia nelle volontà propositive del Prologo, che nel corso degli eventi mossi dall’opera eschilea.

Qualche esempio delle somiglianze con Elektra è suggerito nel saggio di Quirino Principe.

Al volgersi del tragico epilogo, Cassandra annuncia che sarà versato il sangue degli Atridi e dei loro congiunti; Clitemnestra risponde crudelmente: «Il tuo, o Teucra!», e colpisce la disperata principessa troiana, che agonizzante pronuncia la sua ultima profezia: «Oreste!», predicendo la futura vendetta del figlio del re.

Stesso procedimento si riscontra nell’opera di Strauss quando Elektra, dopo la danza orgiastica, cade a terra irrigidita. Chrysothemis corre alla porta di casa e picchiando grida: «Orest!». Il silenzio chiama il sipario. E così per altri luoghi dei due libretti.

Per quanto riguarda la musica, il discorso – scrive bene Principe – si fa più delicato. Confrontando i due incipit, appare immediatamente identica la forza e la fisionomia del gesto orchestrale che annuncia l’apertura dell’opera. È un “motto”, un grido di profetica dannazione, un guizzo discendente/ascendente che si appiglia a un accordo pieno, aggressivo, “furioso”, come vuole l’agogica.

Nell’incipit di Cassandra, le alterazioni spostano l’armonia dalla tonalità d’impianto (la maggiore), verso quella di re maggiore, la stessa in cui si staglia l’esclamazione di Elektra: «Agamennon!». Ed è proprio questo tema, un intervallo di quinta discendente, cantato sul nome di Agamennone, uno dei primi che Tebaldini riconosce e indica a modello. Nell’opera di Strauss, poi, s’identificherà come il tema dei figli di Agamennone, rievocando il delitto stesso perpetrato dalla madre.

Di questo tema Gnecchi aveva fatto emblema già nel Prologo, affermandolo con sempre maggior vigore, ricordando che il Fato incombe e che la morte di Agamennone è ormai prossima.

Un altro tema ha corrispondenze altrettanto forti: quello di Oreste, che appare fanciullo in Cassandra, ma già carico del destino che lo attende; in Elektra il suo sviluppo è lampante, soprattutto nella scena del riconoscimento dei due fratelli.

Sono esempi che aiutano a registrare come le due opere siano sorprendentemente legate, come i temi ritornino spesso con identità di linea melodica e ritmica, o addirittura da loro derivino episodi correlati e sembianti, tanto da non apparire azzardato a Tebaldini «affermare, sia pure per intuizione, che un medesimo soffio iniziale di vita animi entrambe le opere e che, senza stabilire stridenti e inopportuni raffronti di tecnica o d’estetica, la sorgente animatrice e fecondatrice dei temi che in esse si svolgono sia stata la medesima per l’uno e per l’altro autore».

Ecco dunque che parlare di plagio risulta eccessivo. Se Strauss conosceva la partitura di Gnecchi, sul suo tavolo di lavoro plausibilmente non v’erano copie di Cassandra. Più probabile che l’inconscio artistico e naturalmente ricettivo di Strauss si fosse ricordato di quei motivi e trattazioni modali così perfettamente aderenti all’ambientazione tragica e drammaturgica scelta per la sua nuova opera musicale.

Fu e rimane vero pregio della musica di Gnecchi, infatti, l’aver così profondamente ricreato, con vivida cognizione, l’antica aderenza ellenica fra musica e parola, per mezzo di scale e modi propri della scrittura greca, caratterizzando perfettamente i magici confini tragici ed emozionali di un’opera straordinariamente moderna, rimasta nonostante tutto incompresa.

CAPITOLO 6

Conclusioni

Con gli anni, la polemica lentamente si spenge. Negli Stati Uniti, anzi, alcuni studiosi riescono finalmente a riportare la controversia alle giuste proporzioni, a dire, lo ripetiamo con le parole di Principe, di «straordinarie coincidenze di pensiero musicale e di concezione drammaturgia».

Oltralpe, in Germania e in Austria, si pronuncia addirittura un mea culpa che porta proprio i paesi di lingua tedesca ad assumersi il ruolo di luoghi eletti all’accoglienza sincera della musica di Vittorio Gnecchi.

Nello stesso tempo, grandi nomi della musica internazionale sostengono generosamente il collega italiano, riunendosi attorno al pianoforte di Milano e soprattutto di Verderio.

Walter Gieseking, Willem Mengelberg, Bruno Walter, Sergej Prokofiev si riconoscono quali suoi più genuini sostenitori. Cassandra conosce una seppur breve e discreta vita di onori fuori d’Italia, venendo diretta, fra il 1925 e il 1929, a Zurigo da Volkmar Andreae, a Parigi e Philadelphia da Georg Schnéevoigt; mentre in Italia, dopo estenuanti trattative, ha luogo un’unica timida esecuzione all’Opera di Roma il 21 marzo 1942, sotto la bacchetta di Oliviero De Fabritiis.

Cassandra tornerà a calcare le scene solo molti anni più tardi, a Innsbruck il 16 ottobre 1969 e a Lubecca  il 10 febbraio 1975, ma limitatamente all’impeto drammatico del Prologo.

Solamente l’8 marzo, sempre del 1975 e ancora a Lubecca, nel Großes Haus, Cassandra sarà ripresa integralmente, diretta da Matthias Kuntzsch, vantando dieci repliche e un immenso successo.

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